Lunedì, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha formalmente annunciato dazi tra il 25% e il 40% su 14 Paesi, tra cui Giappone, Corea del Sud, Indonesia e Sudafrica, con entrata in vigore dal 1° agosto. Tuttavia, martedì i mercati globali hanno risposto con un’alzata di spalle. L’Asia ha chiuso in positivo, l’Europa è rimasta pressoché invariata, e Wall Street ha aperto con un tono cauto ma costruttivo. La domanda ora non è tanto “quanto saranno alti i dazi”, quanto piuttosto: “ci saranno davvero?”
Un annuncio forte, una reazione flebile
Nel passato recente, annunci simili da parte dell’amministrazione Trump avevano innescato forti correzioni sui mercati. Ma stavolta no. Il Nikkei giapponese ha chiuso a +0,3%, il Kospi sudcoreano ha guadagnato l’1,8%, mentre in Europa lo Stoxx 600 ha oscillato marginalmente, fermandosi a -0,09% poco dopo mezzogiorno a Londra.
Questa reazione contenuta può essere attribuita a un fattore chiave: la percezione che la linea dura del presidente sia, in realtà, negoziabile. “Fermi, ma non al 100% fermi”, ha dichiarato Trump lunedì parlando della scadenza del 1° agosto, lasciando intendere che i negoziati restano sul tavolo.
Il “TACO trade” torna protagonista
Il ritorno del cosiddetto TACO trade – acronimo scherzoso per Trump Always Chickens Out – riflette la convinzione diffusa tra gli investitori che, anche questa volta, la Casa Bianca alla fine opterà per accordi parziali anziché colpire con tariffe piene.
La scadenza del 9 luglio è passata senza cliff edge, il che ha rassicurato i mercati
ha osservato Dan Coatsworth di AJ Bell, evidenziando che la vera incertezza ora si estende fino ad agosto.
Secondo Kiran Ganesh di UBS, l’aspettativa prevalente è che i dazi effettivi si stabilizzeranno vicino all’attuale media del 15%, con un riequilibrio tra tariffe a livello di Paese e tariffe settoriali (semiconduttori, farmaceutica, minerali).
UE e India in bilico, ma l’assenza di lettere è un segnale
Un altro elemento che ha contribuito alla reazione blanda dei mercati è l’assenza, tra i destinatari delle lettere, di partner strategici come l’Unione Europea, l’India e Taiwan. Secondo Paul Ashworth di Capital Economics, questa omissione può essere letta come il segnale che le trattative sono vicine a una fase preliminare d’intesa. Un diplomatico europeo ha riferito che Bruxelles potrebbe ricevere una lettera più avanti nella settimana, con l’obiettivo di chiudere un accordo su una tariffa base del 10%, con eccezioni per settori come alcolici e aeronautica.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, avrebbe avuto un “buono scambio” con Trump durante il weekend, secondo fonti europee.
Rischi sottovalutati? Gli investitori scommettono sulla trattativa
Secondo alcuni analisti, la calma attuale potrebbe essere temporanea.
Un accordo commerciale completo richiede mesi, se non anni
avverte Toni Meadows di BRI Wealth Management.
Nessuno ha mai creduto davvero che 90 accordi in 90 giorni fossero possibili. Il rischio è che i mercati stiano diventando troppo compiacenti.
Le implicazioni economiche di tariffe strutturalmente elevate restano tangibili: un passaggio da un tasso effettivo del 15,5% al 17,3% significherebbe un’ulteriore tassa sulla catena del valore globale. E a fine 2024, il tasso medio era appena al 2,5%.
XAU resta in attesa: tra bluff e cautela monetaria
XAU si è mosso con cautela. In un contesto dove le tensioni geopolitiche restano verbali ma non ancora operative, l’oro mantiene una traiettoria laterale. Tuttavia, l’instabilità latente e l’eventualità di un’escalation effettiva potrebbero riaccendere l’interesse per l'asset di rifugio. Se i dazi dovessero entrare in vigore senza accordi mitigatori, XAU potrebbe superare con decisione la soglia dei 3.350 USD/oz. Ma finché prevale la strategia del “minaccia e negozia”, il metallo resta ancorato al range 3.310–3.340, riflettendo l’attesa per segnali più concreti.
Bluff o strategia? Il mercato ha già scelto
Trump ha alzato il volume, ma finora senza cambiare la musica. I mercati, più abituati ai suoi metodi, sembrano aver scontato la probabilità che i dazi siano parte di un copione già noto: minacciare per negoziare. Ma la sceneggiatura potrebbe cambiare rapidamente. Se l’agosto si aprirà senza accordi, o peggio, con tariffe operative, la risposta degli investitori potrebbe non essere più così indulgente.