Washington blocca i chip AI di NVIDIA verso la Cina
A catalizzare l’attenzione dei mercati è la decisione di Washington di bloccare la vendita dei chip AI ridotti di NVIDIA alla Cina, come riportato da The Information. La misura rappresenta un nuovo passo nell’inasprimento dei controlli sulle esportazioni tecnologiche e conferma la volontà statunitense di limitare l’accesso cinese ai semiconduttori avanzati. La notizia ha immediatamente pesato sul sentiment del settore tech globale, già sotto pressione da settimane per l’incertezza sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale e per i segnali di rallentamento della domanda.
L’intervento di Washington va interpretato nel contesto di una strategia più ampia di contenimento tecnologico, volta a preservare la leadership americana in un settore considerato cruciale per la competitività economica e militare. Il blocco dei chip “scaled-back” di NVIDIA, concepiti per essere conformi alle restrizioni precedenti, mostra l’intenzione della Casa Bianca di impedire qualsiasi aggiramento delle regole, anche parziale. Sul piano di mercato, il titolo NVIDIA si muove in lieve calo nel pre-market, mentre le borse asiatiche e i future europei hanno reagito con rinnovata cautela.
Reazioni cinesi e manovre europee nel settore chip
Pechino ha risposto avviando una revisione delle proprie restrizioni all’export di terre rare, materiali fondamentali per la produzione di chip, batterie e componenti ad alta tecnologia. Secondo quanto riferito da Reuters, il Ministero del Commercio cinese ha sospeso parte delle misure di controllo sulle esportazioni, nel tentativo di alleggerire le tensioni e salvaguardare le catene di approvvigionamento globali.
Sul fronte europeo, Bloomberg riferisce che i Paesi Bassi sarebbero pronti a ridurre il controllo su Nexperia, l’azienda di semiconduttori a capitale cinese, a condizione che le forniture tornino regolari. La notizia ha sostenuto temporaneamente il comparto tecnologico europeo e, in particolare, il settore automobilistico, che resta tra i più sensibili alle dinamiche di approvvigionamento dei chip.
Nel complesso, il comparto auto guida i rialzi in Europa grazie anche a Daimler Truck (+0.9%), che pur avendo pubblicato risultati inferiori alle attese ha confermato una solida redditività operativa. Di segno opposto IAG, che arretra di oltre il 7% dopo aver segnalato un rallentamento della domanda sulle rotte transatlantiche, contribuendo a mantenere il clima di incertezza sui listini europei.
Accordo commerciale USA-Uzbekistan da 100 miliardi
Sul piano geopolitico, la giornata è stata animata dall’annuncio del presidente Donald Trump di un accordo economico e commerciale con l’Uzbekistan. L’intesa prevede investimenti e acquisti negli Stati Uniti per un valore complessivo di oltre 100 miliardi di dollari in dieci anni, con un primo impegno di 35 miliardi nei prossimi tre. Gli investimenti interesseranno settori strategici come i minerali critici, l’aviazione, l’automotive, le infrastrutture, l’agricoltura, l’energia, la chimica e le tecnologie dell’informazione.
L’accordo, che rientra nella strategia di espansione commerciale di Washington verso i paesi emergenti dell’Asia Centrale, ha l’obiettivo di rafforzare i legami economici e assicurare nuove fonti di approvvigionamento in settori chiave, in particolare quello delle materie prime e delle terre rare, oggi dominato dalla Cina.
Forex: dollaro stabile, euro sopra 1.15, yen debole
Sul mercato valutario, il dollaro statunitense recupera parte delle perdite registrate nella seduta precedente, sostenuto da un clima di maggiore cautela e dall’attesa dei dati preliminari sull’indice di fiducia dell’Università del Michigan. Il Dollar Index (DXY) risale verso area 99.85, dopo aver toccato un minimo di 99.67, restando però sotto la soglia psicologica dei 100 punti.
L’euro consolida i guadagni sopra 1.15, nonostante il dato tedesco sulla bilancia commerciale di settembre, che ha mostrato un surplus inferiore alle attese (15,3 miliardi contro 16,8 previsti). Il risultato non ha inciso in modo significativo sull’andamento del cambio, che rimane stabile all’interno del range 1.1530–1.1550.
Lo yen giapponese appare invece più debole, scivolando in area 153 per dollaro dopo i deludenti dati sulla spesa delle famiglie, in calo dello 0.7% su base mensile. L’attenuazione della domanda interna giapponese e la cautela della Bank of Japan mantengono la valuta nipponica sotto pressione, in un contesto di ridotto flusso verso i beni rifugio. Tra le valute delle commodity, il dollaro neozelandese resta il più debole, mentre l’australiano beneficia del recupero dei metalli industriali, in particolare del rame, che si mantiene nel range 10.68–10.75 mila dollari la tonnellata.
Obbligazionario debole tra dati tedeschi e BoE
Sul mercato obbligazionario, i Treasury statunitensi si muovono con una lieve impostazione negativa, in attesa degli interventi di Jefferson e Miran, membri votanti del FOMC. Le parole di Jefferson saranno particolarmente osservate, data la sua tendenza a posizioni più accomodanti rispetto al presidente Powell.
I Bund tedeschi iniziano la giornata in flessione dopo la pubblicazione di dati sull’export più forti del previsto (+1.4% su base mensile), segnale di parziale recupero per l’economia tedesca. Tuttavia, il quadro generale resta fragile, con i rendimenti che si muovono in lieve rialzo. Anche i Gilts britannici arretrano, risentendo dell’intonazione espansiva della Bank of England e delle indiscrezioni sulla manovra fiscale del governo Reeves, che prevedrebbe un aumento di due punti percentuali dell’imposta sul reddito compensato da un taglio equivalente ai contributi previdenziali.
Oro sopra 4.000 $/oz e petrolio in recupero
Le commodities mostrano segnali di rimbalzo dopo le pesanti vendite della vigilia. L’oro consolida sopra i 4.000 dollari l’oncia, muovendosi in area 4.010 $/oz dopo un minimo intraday a 3.985. Il metallo prezioso beneficia della ripresa della domanda di sicurezza in un contesto di elevata incertezza geopolitica e di volatilità sui mercati tecnologici.
Il petrolio rimbalza moderatamente, recuperando parte delle perdite di giovedì. I contratti sul WTI e sul Brent si muovono in leggero rialzo, sostenuti da un sentiment più stabile e dalla prospettiva di un equilibrio temporaneo tra domanda e offerta. I metalli di base restano invece più contenuti, con i mercati in attesa di nuovi segnali macroeconomici dalla Cina e dagli Stati Uniti.
Asia in calo tra dati cinesi deboli e tech sotto pressione
Durante la notte, i mercati asiatici hanno registrato un andamento prevalentemente negativo. L’ASX 200 australiano è stato penalizzato dai ribassi del comparto tecnologico e da un clima generale di prudenza tra i titoli finanziari, complice la delusione per i risultati di Macquarie. Il Nikkei 225 ha perso quota, scendendo temporaneamente sotto la soglia dei 50.000 punti, appesantito dal rafforzamento dello yen e dai dati deludenti sulla spesa delle famiglie.
Anche in Cina il tono è rimasto negativo: Hang Seng e Shanghai Composite hanno chiuso in ribasso dopo che la PBoCha effettuato il più grande drenaggio di liquidità settimanale dall’inizio del 2024 e i dati commerciali di ottobre hanno deluso le attese. Le esportazioni cinesi sono infatti calate dell’1.1% su base annua contro un incremento atteso del 3%, mentre le importazioni sono cresciute solo dell’1%.
Agenda macro della giornata
Nel corso della giornata, l’attenzione dei mercati sarà rivolta ai dati sul mercato del lavoro canadese, alla fiducia dei consumatori statunitensi rilevata dall’Università del Michigan e agli interventi di Jefferson, Miran, Pill, Elderson e Nagel, che potrebbero fornire nuovi elementi in vista delle prossime riunioni di Federal Reserve, Bank of England ed ECB.